Il caso Malaussène Mi hanno mentito

Regalatomi il giorno del matrimonio da un caro amico un po’ hippie e letto tutto d’un fiato su un volo deserto da Cape Town a Roma. Potrei non essere affezionata a questo libro? Atteso con lo stesso ardore con cui mia figlia ronza attorno al pentolone di ragù, così lo abbiamo aspettato noi lettori nostalgici di Malaussène.
Parliamo della gioia di ritornare a Belleville e di scorrazzare con il nostro clan preferito dopo ben diciotto anni di latitanza: questa è già la bellezza de Il caso Malaussène. Se poi guardiamo alla scrittura di Pennac e la troviamo sempre piacevole, intelligente e briosa, il nostro sembra non invecchiare proprio mai (yuppi!).

La storia comincia con il rapimento di Georges Lapietà, dirigente ed ex ministro francese, mentre si reca a riscuotere un assegno ottenuto dalla chiusura delle filiali della società LAVA, fornitrice di acqua potabile. Gli ispettori Titus, il giovane Manin e Silistri indagano sul colpevole coordinati dal giudice istruttore Talvern (sorpresa!), mentre gli ex dipendenti della società, licenziati in tronco, si rivoltano contro la dirigenza. Nange, Sigma e Mara, cresciuti e ormai ragazzi, sono impegnati in esperienze di volontariato in giro per il mondo e tengono aggiornato il loro zio-papà-zio attraverso Skype.
E Benjamin? Si gode l’aria fresca del Vercors in compagnia di Julie e del cane Julius e, ancora capro espiatorio di professione, prosegue la sua brillante carriera alla corte della Regina Zabo. La dispotica e geniale editrice gli ha affidato l’incarico di farsi protettore di Alceste, autore controverso del catalogo delle edizioni Taglione: nascosto in un capanno per gli attrezzi in un bosco nelle prealpi francesi, lo scrittore procede con la stesura del suo ultimo libro Mi hanno mentito, sorvegliato a vista da Ben e dai suoi amici montanari. Intanto la polizia brancola nel buio e di Georges Lapietà nessuna traccia. Fino a quando in una carrozza del TGV

Che dire quindi di quest’ultima favola de la famille? Lo stile “malaussène” c’è, la storia anche, i personaggi che amiamo pure. E se vi sembra che qualcuno manchi all’appello non temete… l’ex-commissario Rabdomant è alla scrivania, ancora una volta, impelagato nel “caso Malaussène”. Sarà finita qui?

Piacerà a voi se: avete atteso con impazienza questo rendez-vous quanto la sottoscritta.
Piace a me perché: i personaggi sono cresciuti quanto noi e in loro ritroviamo quella scintilla di bizzarra follia che amiamo, Benjamin compreso. E poi… che voglia di montagna leggendo del Vercors!

Capitolo I, riga 1
Lapietà? Georges? Lo conosci, è il classico tipo che nelle confidenze ci sguazza, come i cani in campagna nella fossa del letame. (Quel movimento elicoidale che li attorciglia tutti, dal muso alla coda!) Lui, uguale. E poi ne spande ovunque. Allora tanto vale entrare subito nella sua testa. Non è un’indiscrezione, è stato lui stesso quel giorno a raccontare tutto ai ragazzi. A cominciare dall’accuratezza con cui si è preparato per andare a prendere l’assegno. E i buoni motivi che aveva per non arrivare puntuale: Ho tutte le carte in mano, arrivo all’ora che mi va, becco i soldi e ce ne andiamo in vacanza, questo voleva far capire al gentile comitato: Ménestrier, Ritzman, Vercel e Gonzalès. Settimane passate a scegliere con cura il travestimento.”

(Prima edizione di Gallimard, 2017; edito in Italia da Feltrinelli in diverse ristampe. Copertina dell’edizione Narratori Feltrinelli)